Piacere spirituale e sensoriale

Emanuele Persiani

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Piacere spirituale e sensoriale

Quando pensiamo al piacere, spesso lo associamo a un consumo veloce, a un momento che si accende e si spegne in fretta. Eppure esiste un piacere più sottile, che non brucia ma scalda, che apre. È quello che nasce dall’incontro tra spirito e sensi, una convergenza gentile in cui la profondità dell’anima e la concretezza del corpo si danno la mano. È un dialogo che ci ricorda che siamo vivi e collegati. Quando allentiamo il ritmo e lasciamo che l’esperienza entri senza fretta, accade una piccola magia: la mente, di solito occupata a prevedere e controllare, si siede un momento e ascolta. E in quell’ascolto nasce un piacere quieto, che non pretende, che si accontenta di esserci.

La natura è uno specchio che non mente. Al mare, il respiro delle onde detta una cadenza che consola. In montagna, l’aria frizzante porta sobrietà ai pensieri. Anche in città, un viale alberato, il volo improvviso di alcuni uccelli, il profumo di terra dopo la pioggia aprono crepe nella distrazione quotidiana. Il benessere comincia qui, nella possibilità di abitare il momento con tutti i sensi, in una casa con giardino, lasciando che sia abbastanza.

C’è un filo sottile che unisce il piacere sensoriale alla dimensione spirituale. Quando beviamo una tazza di tè guardando il vapore che sale lento, quando camminiamo scalzi in un prato e il piede impara di nuovo la geografia del suolo, stiamo celebrando qualcosa di più di un gesto. Stiamo dicendo grazie alla vita per la sua concretezza. E il grazie, si sa, è una preghiera senza chiesa.

Il piacere spirituale non esclude la fatica. La attraversa. Ci sono giorni in cui la testa è un alveare e il corpo una corazza. Proprio allora, un minuto di respiro con gli occhi chiusi, la fronte rivolta al sole del mattino, può riportare un po’ di ordine dentro. Altri giorni, invece, per raggiungere il piacere spirituale c’è bisogno di atti più fisici, magari con un partner o attraverso l’esplorazione di alcuni siti che permettono di prendere ispirazione anche su come raggiungere il piacere fisico, direttamente connesso con quello spirituale. Non perché risolva, ma perché ricorda. Ricorda che l’equilibrio non è un punto fisso, è un movimento. La natura lo insegna di continuo: le maree salgono e scendono, le stagioni si danno il cambio senza dramma.

Coltivare il piacere sensoriale è un atto di cura. Preparare il cibo con calma, scegliere ingredienti che hanno visto il sole, servire un buon caffè. Dare dignità ai gesti quotidiani restituisce al tempo un sapore umano. Nel farlo, la dimensione spirituale si avvicina, non come un concetto astratto ma come una compagnia.

Non servono grandi viaggi per ritrovare questa intesa. Ci sono porte sempre disponibili. Attraversarle non è evasione, è ritorno. Ritorno a una misura di vita che ci nutre senza esaurirci, che ci fa sentire parte del mondo e non solo occupanti di uno spazio.

Forse il piacere spirituale e sensoriale è proprio questo: un’arte della presenza. Un sì mormorato al qui e ora, reso vivo grazie alla natura, custodito da piccoli rituali, orientato a un benessere che non grida ma dura. E ogni volta che ce ne dimentichiamo, possiamo ricominciare da capo. Aprire la finestra, respirare, toccare, assaggiare, guardare.

Foto di copertina: Foto di Karl Egger da Pixabay

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